UNA NOTTE AL CRAZY HORSE

Ci arriviamo, in questo luogo simbolo della Ville Lumiére, armati di buste della spesa, baguette bella in vista, conciati in maniera metà elegante e metà rusticana, d’altronde eravamo reduci da un’ennesima entusiasmante traversata a piedi per le vie di Paris: giornata fitta di impegni, culminata nella seconda puntata al Louvre della mia vita. Ed è stato proprio nell’Apple Center del carosello del Louvre, controllando di straforo la gloriosa casella mail di Ozio Magazine, che siamo venuti in possesso della lietissima novella: il Crazy Horse, il più grande cabaret del mondo, aveva accettato la nostra richiesta di accrediti stampa. Ma l’appuntamento era di lì a poco, alle 20.15. Niente diretta streaming del Festival di Sanremo dall’albergo, insomma. Parbleu.

Avenue George V. Arriviamo al Crazy Horse giusto in tempo, trafelati, o forse, sovreccitati. Lei è il signor Mauriziò Di Faziò? Oui, Oui! Oui, Oui!

Il giorno dopo è San Valentino ma io e la Mariangela festeggeremo stasera.

Eccoci dentro questo mitologico locale  parigino alla quintessenza, poi esportato nel resto del mondo ma non è la stessa cosa, fondato nel 1951 da Alain Bernardin e leggendario per gli inimitabili giochi di luce e per le sue ballerine, le «più belle e conturbanti del mondo». Al Crazy Horse si sono esibite, negli ultimi tempi, Dita Von Teese e Pamela Anderson; anche Rosa Fumetto fu in passato una sua prima ballerina; ci cantava Aznavour. Già soltanto crogiolandomi in questo milieu mentale, mi sono sentito sparato nei cieli dell’estasi estetica più sinestetica, novello uomo-cannone a bordo di giri di parole che se mi sentisse un redivivo Balzac chiederebbe, per me, il ripristino della ghigliottina.

Ma a quanto pare una simile sensazione di appagamento full-total body and mind ha pervaso anche la mia fidanzata Mariangela. Potere della bottiglia di champagne offertaci, che pure avrà vita breve? No. Non si tratta affatto, soltanto di questo.

Gli spettacoli, numerosi quadri brevi di massimo cinque, sei minuti, sono orologi svizzeri di seduzione, misurato erotismo, enigma; tanti piccoli party infallibili per lo sguardo, per l’udito, per l’inconscio. Le ballerine sono diciotto, e sono volutamente tutte molto simili tra di loro (stesso aspetto, stessa altezza, stesse misure…). I nostri occhi vagano wide shut nel dipinto mare animato, calmo ma sincopato, concerto vivente e muy sensuale di questi corpi perfetti e magicamente sequenziati che catturano e rilasciano la Luce (e una Pelle Inedita) di un desiderio giammai sopito.

A più di cinquant’anni dalla sua nascita il Crazy Horse continua a reinventarsi sul tema invincibile della donna.

Lo spettacolo cui assistiamo si intitola Désirs, è in cartellone dal 2009, porta la regia di Philippe Decouflé e la direzione artistica di Ali Mahdavi e trasuda modernità e un nuovo tono, trapunto di glamour, pur rispettando il codice non scritto del Crazy.

«Chuchotements», «Upside Down», «Infrarouge»… le nuove creazioni affiancano modernità e senso estetico assoluto: luci «made in Crazy», naturalmente, e poi sorprendenti effetti speciali, costumi preziosi, nuovi battiti  musicali. Zula Zazou, Jade Or, Psykko Tico o Nooka Karamel: «le danzatrici dai nomi chimerici, élite della seduzione dai corpi sinuosi, custodiscono il mistero di un’incredibile
bellezza e di una grazia infinita».
Sulla scena le ragazze del Crazy, sensuali, sbarazzine Dee evocatrici della leggenda, compongono le stelle di questo mitico cielo delle notti parigine.
«Momenti di infinita delizia in cui il piacere si dilata come una calza di seta».

E quelle musiche, che aderiscono allo show come un guanto di pelle splendida: jazz mescolato ad ottoni caldi, le voci delle donne e i sospiri sensuali, le orchestrazioni frizzanti e le melodie accattivanti…

W l’archetipo della donna seduttrice padrona del suo potere, la donna trionfante, carnale ed esaltante… «mistero rinnovato instancabilmente e universo del possibile, la donna secondo il Crazy Horse appare trascesa dal perpetuarsi del desiderio che la circonda»…

Chissà che sensazione provarono in quel frangente le innumerevoli leggende che hanno fatto visita al Crazy almeno una volta nella vita. Praticamente tutti, l’intera società dello spettacolo della seconda parte del Novecento, da Elvis a Marlon Brando, da Marylin Monroe a Greta Garbo, John Kennedy, ecc…

Si spengono le luci. Ci vuole un po’ per tornare al reale, se esiste. Buonanotte, e poi ancora buongiorno, crazy dream.

 

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