MY ROMAN BLOG

 Da qualche tempo sto a Roma. Certo, ogni weekend, eccettuato quest’ultimo, mi ri-catapulto, come in crisi d’astinenza, e nontiscordardime, a Pescara. Preda di lancinanti rimpianti e di troppe domande senza risposta. Cosa starà accadendo a Vini e Oli? E le prime mosse del nuovo coordinatore regionale di Alleanza Nazionale Teodoro Bontempo detto Er Pecora? E Luciano D’Alfonso, di quante altre strade del centro avrà perversamente invertito il senso? E cos’avranno intitolato, a cinquantaquattro colonne, il Centro e il Messaggero? E la gioventù sonica del Groove e dell’Orange Rock Café? E quanti altri nuovi fumanti pierre d’assalto e neo-intellettuali periodici? E quanti altri nuovi giovani scrittori rilassati e pacificati?

La mia prima spesa romana. Altro che Bukowski. Crema di granchio, patatine, cinque chili di sale che spruzzo ovunque, tre tipi di maionese, due bottiglie di Jack Daniel’s. Ho dimenticato di comprare il pane.

Non so perché, ma ho ripreso ad ascoltare a flusso continuo Fabrizio De André. “Non al denaro, non all’amore né al cielo” soprattutto. Mi fa un’enorme compagnia, questo immortale marziano di umanità e poesia, in un appartamento romano troppo grande e freddo per me. E ho ripreso a leggere “L’antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters, a cui quel fantastico album si ispirò. Se i vivi avessero la stessa sincerità dei morti. Se non ci fosse più niente da perdere vivendo. Se la verità, e anche l’autoironia, andassero al potere.

Mi sono comprato l’i-pod! E il modello da 30 giga! La prima pietra tecnologica del mio nuovo status di nonpiùtantogiovane comunista temporaneo capitalista. Erano anni che ardentemente lo desideravo. La mattina mi getto nel caos ascoltando l’i-pod. La mattina mi fa sempre più strano, affacciarmi alla finestra e non trovare più la strada parco. La sera vado a buttare la spazzatura, e a radiografare qualche sacra e profana ninfetta del mio quartiere, abito tra un sexy-shop e i musei vaticani, ascoltando l’i-pod. Infine lo ricarico e gli canto (l’ho scaricata per cinque euro dal sito della Apple) la ninna nanna. Al mio tenero i-pod.

Roma. Non mi ci abituo ancora pienamente a questo senso di necessaria promiscuità fisica in regime di assoluta estraneità psicologica interpersonale. A questo stare sempre ammassati inanimati dentro un autobus, o in metrò. A quest’alienazione generalizzata che va di gran fretta. A questi vocianti silenzi ininterrotti, conformisti. A questo stare sempre al centro delle cose ma fare spallucce e rimandare uno spiraglio di vita all’indomani, tanto si resta sempre al centro delle cose. A questa vita, a questa morte, a inconsapevoli dosi. Ma poi Roma ti accende all’improvviso, succede molto spesso. La prima volta che mi sono imbattuto nel Nuovo Sacher di Nanni Moretti. Villa Borghese. La smisurata galassia di monumenti illuminati a giorno tornando a casa ubriachi la notte. Disfunzioni Musicali, negozio di dischi a San Lorenzo. Lo Zoobar, il Circolo degli Artisti, i miei adorati Mogwai che verranno a suonare al Qube fra un po’. I mille cinema dove trovi tutto. Quella bellissima dark, quella suicidegirl, quella passante dagli occhi di nuvola che non rivedrai mai più. L’irragionevole certezza che non ci vivrai in eterno, nella città eterna.

E se dovessi precipitare nel Tevere dopo un’indigestione di crema di granchio…che le mie ceneri siano disperse nel fiume Pescara, a bordo del mio i-pod.

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