INTERVISTA AGLI ALLCOST: IL PROG-ROCK, E IL FANTASMA DEL TERREMOTO DELL’AQUILA

Disponibile da ieri in free download sul loro profilo Bandcamp (http://allcost.bandcamp.com/), “Punto di raccolta” è il nuovo album della formazione lazio-abruzzese degli AllCost, reperibile anche in quei negozi di dischi particolarmente attenti ai prodotti di qualità.

Le dodici tracce che compongono questo viaggio sonoro si nutrono certamente dell’ascolto di Procol Harum, Doors, PFM, senza disdegnare passaggi a piè sospinto nel cantautorato classico. È infatti cifra caratteristica del lavoro della band una certa tendenza alla fusione, anche all’interno dei singoli brani, di influenze diverse ma ottimamente miscelate, anche grazie alle sperimentazioni effettuate durante l’intensa attività live, psichedeliche jam session. Di un punto di raccolta si tratta, a tutti gli effetti: un punto di ritrovo sicuro con cui, a partire dalla propria musica, cercare una via di fuga – nel ricordo, forse, di quel terremoto che ha scosso le vite dei componenti del gruppo che si sono conosciuti proprio a L’Aquila durante il periodo universitario. Un disco che è anche il luogo di ritrovo di sfumature musicali diverse: con “A luci spente” esploriamo le derive italiane del progressive rock, in cui tastiere e chitarre sono prepotenti regine, per trovarci poi catapultati nelle ritmiche ska della dissacrante “Mondo Marrone”. Psichedelica nel testo e nell’arrangiamento è “Cristiano pagano agnostico”, struggente è il respiro sussurrato in “Mordi il soffio”, ballad in cui il pianoforte e voce accarezzano l’ascoltatore.

La difficoltà insita nella fusione di linguaggi distanti tra loro è aggirata grazie a una considerevole preparazione tecnica. Per comprendere al meglio quali sia il background degli AllCost abbiamo posto alcune domande al cantante e chitarrista, Rocco Moscatiello.

Se potessi portare tre dischi su un’isola deserta, quali sceglieresti?

«Il bello di un’isola deserta è che nessuno ti rompe per la musica ad alto volume. Il primo disco che porterei per dare energia è quello dei Mad Season, “Above”. Il secondo è “Per un Amico ” dei PFM che ha segnato profondamente il mio modo di ascoltare la vita. Il terzo album è “L’Impero delle tenebre” Teatro degli Orrori per ricordare le mie radici che si insidiano da sempre nella musica underground italiana ed estera».

Qual è stato il momento più difficile che avete dovuto affrontare come band?

«Ci hanno accusato di parlare spesso de L’Aquila e dell’incidente del nostro batterista tra le vicende più difficili, come se fosse un vantaggio pubblicitario. Voglio per la prima volta insultare quelle persone che non hanno un briciolo di intelligenza e sensibilità, il terremoto de L’aquila ci ha segnato mentalmente, non ci ha fatto arricchire, e tanto meno non ha dato nessun vantaggio alla band, tutto quello che abbiamo oggi è frutto delle nostre fatiche».

E’ difficile organizzare prove e serate avendo una band i cui componenti vivono in regioni diverse?

«La difficoltà non esiste! Sopra le quattro ruote siamo ferrati, il nostro furgone va come il vento.  (ride, n.d.r.) Il problema di oggi è che gli spazi per band di ogni livello stanno pian  piano finendo, molti locali chiudono;esempio recente: proprio 2 giorni fa a Roma ne è stato chiuso un altro. La voglia di suonare c’è però non è proporzionale  alle possibilità che offre oggi il Sistema, ma ce la faremo se tutti ci uniamo».

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