A PROPOSITO DI PASOLINI AMMAZZATO PROPRIO 37 ANNI FA

«L’intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione.
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai

da uno dei milioni d’anime della nostra nazione,
un giudizio netto, interamente indignato:
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,

di questo popolo ormai dissociato
da secoli, la cui soave saggezza
gli serve a vivere, non l’ha mai liberato.

Mostrare la mia faccia, la mia magrezza –
alzare la mia sola puerile voce –
non ha più senso: la viltà avvezza

a vedere morire nel modo più atroce
gli altri, nella più strana indifferenza.
Io muoio, ed anche questo mi nuoce».

«Pietà, pietà!
Voi mi volete
morta e sepolta:
senza voce,
senza gesti,
senza viso,
senza vita¦
che non torni
-voi dite- mai più
la pazzia che essa fu,
qui tra noi!

Pietà, pietà!
Gente felice,
voi mi sperate:
impiccata,
annegata,
incendiata,
maciullata¦
Che sta a fare
-voi dite- se fa
solo rabbia, e lo sa,
qui tra noi?

Pietà, pietà!
Gente per bene,
voi mi temete:
nel mio amore,
nel mio vizio,
nel mio ardore,
nel mio odio¦
Perché vive
-voi dite- quaggiù,
peccatrice e tabù,
qui tra noi?

Pietà, pietà!
Gente normale,
mi condannate:
a tremare,
ad odiare,
a celarmi,
a sparire¦
Chi è diverso
-voi dite- non può
rimaner neanche un po’
qui tra noi!

Pietà, pietà!
Gente al potere,
voi minacciate:
con l’arresto,
con la cella,
con la gogna,
con il rogo!
La passione
– voi dite – non dà
che fastidi e ansietà
qui tra noi!

Pietà, pietà!
Pareva eterno
il mio destino:
di parlare,
di cantare,
di godere,
di peccare!
Ma sì, ma sì!
Per me è finita,
state tranquilli!
Entro nell’ombra,
vi lascio il mondo».

«Lo scandalo del contraddirmi,

dell’essere con te e contro te; con te nel core,

in luce, contro te nelle buie viscere;

del mio paterno stato traditore

– nel pensiero, in un’ombra di azione –

mi so ad esso attaccato nel calore

degli istinti, dell’estetica passione;

attratto da una vita proletaria

a te anteriore, è per me religione

la sua allegria, non la millenaria

sua lotta: la sua natura, non la sua

coscienza: è la forza originaria

dell’uomo, che nell’atto s’è perduta,

a darle l’ebbrezza della nostalgia,

una luce poetica: ed altro più

io non so dirne, che non sia

giusto ma non sincero, astratto

amore, non accorante simpatia…

Come i poveri povero, mi attacco

come loro a umilianti speranze,

come loro per vivere mi batto

ogni giorno. Ma nella desolante

mia condizione di diseredato,

io possiedo: ed è il più esaltante

dei possessi borghesi, lo stato

più assoluto. Ma come io possiedo la

storia, essa mi possiede; ne sono illuminato:

ma a che serve la luce?».

 

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