QUELLA SERA SOTTOBRACCIO COL MIO “AMICO” BEPPE GRILLO

Beppe Grillo lo conobbi di persona. E mi fece un’ottima impressione, lo ammetto.

Era la fine degli anni novanta, se la memoria non mi tradisce, e io ero il giovane cronista di spettacoli di un noto quotidiano locale.

Il suo tour teatrale, di cui non ricordo il nome, toccava Pescara, approdando nel defunto Palagaslini, un tendone per concerti e grandi eventi sito affianco all”altrettanto scomparsa discoteca La Fabbrica, insomma zona università. Altri tempi: per collegarti a Internet dovevi ancora agganciare il modem al telefono di casa.

Grillo fustigò, come suo costume dell’epoca, ma in fondo anche d’oggi, malcostumi, arretratezze mentali, patti scellerati inconfessabili tutti italici, frankenstein sanitari-gastronomici globali, politiche di ordinaria e sbrilluccicante abiezione  perpetrate da multinazionali senza volto.

Il pubblico – il Palagaslini era pienissimo – se la rideva fragorosamente, ma altrettanto rumorosamente rifletteva. Quel comico genovese era il primo personaggio di una certa fama a dirle certe cose in Italia.

Lo spettacolo finì e io tentai, vuoto a perdere, lo scoop della mia acerba vita.

Beppe Grillo non rilasciava interviste da anni, mentre in tv su di lui persisteva un antico embargo.

Figuriamoci se si filava uno sbarbatello come me.

Mi avvicinai al Beppe nazionale mettendo in conto un pre-vaffa day ai miei danni.

E invece no.

Finiti di firmare gli autografi di turno, Grillo mi prese sottobraccio e cominciò a parlarmi.

Sottobraccio, facemmo su e giù, giù e su per il Palagaslini per un’ora abbondante. Facemmo tappa persino al bar di fronte all’ex Gaslini, per un caffè.

Grillo parlava, mi parlava, ridendo e scherzando (e tenendomi sempre sottobraccio). Quasi come se mi volesse bene.

Io lo ascoltavo coinvolto (il suo carisma è sempre stato apodittico)  stenografando sul mio block-notes i suoi pensieri.

Ogni tanto provavo a interagire dialetticamente, e lui non frapponeva affatto ostacoli: come quando gli dissi, cercando di risalire alla sorgente della sua differente visione del mondo, del suo accorato e articolato controinformare: “Ma tu per caso leggi Le Monde Diplomatique?”; e feci centro, perché lui, per la mia gioia: “Sì, certo. E’ uno dei miei punti di riferimento”.

L’intervista sottobraccio andò avanti per quasi un’ora e mezzo.

Dal suo entourage lo richiamavano all’ordine ma lui se ne infischiava. Quella notte gli andava di parlare a me, con me, nonostante i miei lunghi timidi silenzi.

Senza salire in cattedra o professare nessun tipo di sussiegoso distacco.

Il giorno dopo scrissi l’articolo, riordinando una ventina di pagine abbondanti di appunti.

Ma l’articolo non fu mai pubblicato: troppo scomodo e “di sinistra”, il mio amico di una sera Beppe Grillo, no.

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