CHIUDE FUNAMBOLIKA CON LEO BASSI, GENIO IMPREVEDIBILE E SENZA PASSAPORTO

Chiude stasera alle 21.15 al Teatro d’Annunzio un’edizione di Funambolika destinata a sedimentarsi nella memoria a lungo termine di chi ha avuto la fortuna di esserci. Memorabile, mercoledì, il Gran Galà du Cirque.

E oggi toccherà a un’altra pregevole esclusiva nazionale, “Utopia“, uno spettacolo firmato e interpretato da Leo Bassi, uno dei più grandi e poliedrici artisti circensi al mondo. Apolide e poliglotta, Leo Bassi è considerato uno degli innovatori del linguaggio circense del dopoguerra ed è un gigante mondiale dello spettacolo e della provocazione. Si è stabilito di recente in Spagna e, per il pubblico iberico, è diventato celebre come una sintesi di Benigni, Grillo e Dario Fo; è anche impegnato nella difesa del laicismo ed è riconosciuto come l’ispiratore del movimento degli indignados.

Utopia” ha debuttato nel 2009 e ha girato il mondo. Con questo spettacolo, il buffone di origine circense continua a scagliarsi contro il potere costituito, in questo caso la finanza mondiale. Utopia ha anticipato incredibilmente la crisi del modello neo-liberista e delle ideologie, smascherata in modo sorprendente attraverso la forza e la poesia del clown. Il quotidiano El Pais ha definito lo spettacolo “la speranza come soluzione alla crisi”. «L’utopia del titolo è uno stato mentale – ha affermato lo stesso Leo Bassi in un’intervista a La Repubblica -. In un mondo che non dà più spazio alla poesia, la vera rivoluzione è tornare a far parlare la poesia. Per questo, recuperando la tradizione circense della mia famiglia dalla quale mi sono tenuto lontano per anni, ho ritrovato il clown bianco, che è poi il clown romantico per eccellenza, una figura lunare che nasce nel XIX secolo, lo stesso che ha partorito le grandi utopie progressiste. Credo sia necessario ripartire da qui».

Leo Bassi discende da una famiglia circense fondata 150 anni fa in Italia da un ex-garibaldino. Nato a New York da genitori franco-italiani, dopo una carriera di acrobata nei più grandi music-hall del pianeta (è cresciuto tra le braccia di Louis Armstrong e Groucho Marx), diventa uno dei più grandi giocolieri del mondo: ma negli anni ’70 lascia improvvisamente i successi del circo per portare la propria arte in strada e legarla ai valori della società, diventando uno degli inventori del nouveau cirque.

Crea spettacoli imprevedibili, basati sulla provocazione-agitazione, sul nonsense, sugli eccessi, rompendo generi e collocandosi in una zona franca tra il comico, l’arte circense, l’agitazione sociale e il teatro. Parla otto lingue, riceve montagne di querele, si è trovato una bomba in camerino da parte di movimenti integralisti e non si ferma davanti a niente. Ha definito se stesso “il Bin Laden dei comici“.

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