I FILM DEL FLAIANO DI DOMENICA

Nutrito programma oggi al Cinema Massimo di Pescara per il 39esimo Flaiano Film Festival. Aria condizionata a palla, e chissà che i cinefili duri e puri non sfidino persino la finale degli Europei, e senza radiolina incorporata in sala…

In Sala 1 alle 18,30 per il concorso italiano sarà presentato in prima visione “Appartamento ad Atene” di Ruggero Dipaola: nel 1943, ad Atene, un appartamento viene requisito per ospitare un ufficiale tedesco. Nell’appartamento vivono gli Helianos, una coppia di mezza età un tempo agiata. Hanno un ragazzo di dieci anni, animato da melodrammatiche fantasie di vendetta, e una bambina di dodici. Con l’arrivo del capitano Kalter, tutto è cancellato. Metodico, ascetico, crudele, Kalter è un dio-soldato che impone il terrore. E gli Helianos si sottomettono, remissivi. Sono servi, adesso, senza altra identità che la loro acquiescenza. La volontà del dio-soldato è il loro unico assillo. L’appartamento li avvolge come un’epidermide. Poi, di colpo, l’assenza. Il padrone parte per la Germania, e i servi scoprono che la libertà non ha alcun senso, che la tortura continua. Quando Kalter torna, è un sollievo. E’ cambiato: più gentile, indulgente. Di un’indulgenza che disorienta. Ma è un fragile equilibrio. Correnti sotterranee di odio agiscono in segreto e preparano un’agghiacciante vendetta.

Alle 20,45 si prosegue con “Marilyn” di Simon Curtis: è l’estate del 1956 e il ventitreenne Colin Clark, fresco di laurea, vuole a tutti i costi lavorare nel cinema. Grazie a un misto di tenacia ed educazione riesce a farsi assumere come terzo assistente alla regia sul set del “Principe e la ballerina”. Laurence Olivier lo prende sotto la sua ala, Vivien Leigh gli chiede di controllare il marito in sua assenza, ma Colin si ritroverà presto da una parte e una soltanto: quella di Marilyn Monroe. Simon Curtis adatta il memoir di Clark, catalogabile alla voce “realtà che supera la fantasia”, che è appunto la favola vera di quando, ragazzo qualunque o quasi, lo scrittore si ritrovò a passare una settimana con la donna più desiderata del mondo, fianco a fianco, in giro per l’Inghilterra e persino nello stesso letto. Ma è una favola venata di malinconia fin dall’inizio ed è proprio quel romanticismo color ocra che Curtis insegue, in fondo, con buoni risultati.

Alle 22,45 sarà proposto “Il mio migliore incubo” di Anne Fontaine: Agathe dirige una prestigiosa fondazione per l’arte contemporanea, vive col marito editore e il figlio in un appartamento di 200 metri quadri nel centro di Parigi, è snob, sarcastica, spesso insopportabile. Patrick è il padre del miglior amico del figlio di Agathe, sbarca il lunario con lavoretti da muratore, è un alcolizzato e ha una vera e propria fissazione per il sesso e i seni voluminosi. Agathe e Patrick non potrebbero essere più lontani, ma dal momento del loro incontro le vite di entrambi cambiano radicalmente. Anne Fontaine conosce il potenziale di un attore come Benoit Poelvoorde: il suo Balsan è la figura che resta maggiormente impressa, la performance che si anima a partire dalla cartolina illustrata. E Fontaine conosce ovviamente anche Isabelle Huppert: sa quanto può essere antipatica e fastidiosa. Come nessun’altra. Prende dunque questa strana coppia e la infila dentro una commedia del genere “quanto è sexy la lotta di classe”, di quelle che sulla carta fanno rabbrividire, ma che per i francesi sono una tentazione insaziabile.

In Sala 2 alle ore 18,30 “Viale del tramonto” di Billy Wilder: un giovane e disoccupato sceneggiatore di Hollywood va a vivere con una ricca e anziana attrice, già star del cinema muto, prigioniera delirante del suo passato, facendosi da lei mantenere. Il più caustico e sardonico film nero sul mondo di Hollywood. Melodramma amarissimo con risvolti da horror e sottofondi da commedia. Alcune memorabili scene tra cui la partita a carte con Keaton. Sapiente regia: una pietra miliare nell’itinerario di Wilder. Splendide interpretazioni. Su 9 nomination agli Oscar vinse quelli per la sceneggiatura, la scenografia e le musiche (F. Waxman).

Alle 20,45 è la volta di “This Must Be the Place” di Paolo Sorrentino: Cheyenne è stato una rockstar nel passato. All’età di 50 anni si veste e si trucca come quando saliva sul palcoscenico e vive agiatamente, grazie alle royalties, con la moglie Jane a Dublino. La morte del padre, con il quale non aveva più alcun rapporto, lo spinge a tornare a New York. Scopre così che l’uomo aveva un’ossessione: vendicarsi per un’umiliazione subita in campo di concentramento. Cheyenne decide di proseguire la ricerca dal punto in cui il genitore è stato costretto ad abbandonarla e inizia un viaggio attraverso gli Stati Uniti. “And you’re standing here beside me/I love the passing of time/Never for money/Always for love /Cover up and say goodnight . . . say goodnight/Home – is where I want to be/But I guess I’m already there/I come home – she lifted up her wings/Guess that this must be the place”. (“E tu sei qui vicino a me/Amo lo scorrere del tempo/Mai per denaro/ Sempre per amore/Copriti ed augura la buonanotte/ Casa- è dove voglio essere/Ma mi sa che ci sono già/ Vengo a casa-lei ha sollevato le ali/Sento che questo dovrebbe essere il posto”.) Il testo della canzone dei Talking Heads che dà il titolo al film e riveste un ruolo in una delle scene più importanti e intense rappresenta una sorta di sintesi di questa opera in cui Sorrentino torna al lucido intimismo degli esordi sotteso costantemente da una ricerca che si fa percorso di vita.

Alle 22,45 replica di “Appartamento ad Atene“.

Alle 18,30 in Sala 3 replica di “Quasi amici”.

Sempre in sala 3, alle 20,45 “Laila, ma raison” di Taieb Louhichi: il romanzo di Andrè Miquel cui il regista si è ispirato prende spunto da un’ antica leggenda Araba del VII sec. ed è una bellissima storia d’ amore, quella fra Magnum e Layla, amanti leggendari e infelici.

Alle 22,45 “Porcile” di Pier Paolo Pasolini: s’alternano, in montaggio parallelo con convergenza finale, 2 storie, l’una a far da specchio all’altra: l'”apocalittica” o arcaica e la “tedesca” o moderna. In una un giovane (P. Clementi), disperato divoratore di farfalle, serpenti e carne umana che vaga per i campi desolati di un vulcano (l’Etna) è gettato dalla società in pasto alle belve; nell’altra il malinconico erede (J.-P. Léaud) di una dinastia industriale che non vuole obbedire, ma non sa disobbedire, è divorato dai porci per i quali prova un’attrazione fisica. La prima ha il cupo e chiuso orrore di una saga di tensione epico-lirica; la seconda è in chiave ironico-satirica con cadenze di operetta morale.

Infine in Sala 4: alle ore 18,30  “Capricci” di Carmelo Bene: dal suo adattamento teatrale di Arden of Feversham di anonimo inglese del Seicento. Volendo liberarsi del vecchio marito per un amante altrettanto vecchio, Alice assolda un pittore che dipinge quadri avvelenati, ma si scontra con un pittore che cerca di darsi la morte con la propria amante in incidenti d’auto. 2° film di C. Bene, girato in 16 mm “contro” gli spettatori in una posizione di intransigenza disperata che sfocia nella rappresentazione di un mondo totalmente prostituito “dove tra l’arte e la vita il peccato è reciproco”.  Alle 20,45 “I sentieri della gloria” di Gloria De Antoni: nel 2005 Mario Monicelli (15-5-1915) ha compiuto 90 anni, ma è stato anche il 90° anniversario dell’ingresso dell’Italia nella 1ª guerra mondiale. Il regista commenta i filmati del viaggio che nell’estate 2004 fece sui luoghi friulani dove fu girato La grande guerra (1959). Il ritorno sui vecchi set (Gemona, Venzone, Palmanova) ha fornito l’occasione di incontrare, tra una piazza e un’osteria, quegli ormai anziani friulani che, comparse o spettatori, seguirono la lavorazione del film.

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