Inaugura oggi alle 18 a Chieti, nel Palazzo de’ Mayo, in Corso Marrucino, una Mostra dedicata a uno degli artisti più significativi del Novecento, vedi alla voce “lato oscuro del Ventesimo Secolo” (chi vi scrive ha già avuto modo di visionarla a gennaio a Firenze): Francis Bacon (Dublino, 1909 – Madrid, 1992).
L’esposizione di 54 opere grafiche (litografie e acqueforti-acquetinte) di Bacon, realizzate tra il 1966 e il 1991, appartenenti a una collezione milanese, ci consentono di ripercorrere la poetica dell’artista e di misurarci con il viluppo di sentimenti che lo guida nella realizzazione delle sue opere: “vorrei che i miei quadri apparissero come se un essere umano fosse passato su di essi… lasciando una scia di umana presenza e tracce mnemoniche di eventi passati”. Tutti i soggetti del suo lavoro – che spesso vanno in scena in uno spazio teatrale, claustrofobico, magari su nudi tavolati o davanti a quinte, schiacciati da una invisibile pressione dello spazio che li circonda – sono rappresentati: dalla rivisitazione dell’Innocenzo X di Vélazquez e dell’Autoritratto di Van Gogh; dalla serie delle tauromachie agli studi dei corpi umani (magari raffigurati mentre sono impegnati nella lotta) e di particolari del loro progressivo sfacelo, della loro incipiente dissoluzione; dagli autoritratti (nei quali Bacon pare intento a rappresentare il divenire del proprio aspetto, giacché amava citare spesso una frase di Cocteau: “ogni giorno nello specchio contemplo l’opera della morte”) ai ritratti di amici e di persone colte negli atti quotidiani. Benché si tratti di opere tratte – come è avvenuto, e avviene, per altri grandi artisti – da dipinti, e realizzate attraverso le tecniche della litografia e dell’acquaforte-acquatinta
L’esposizione – ideata da Alfredo Paglione e promossa e organizzata dalla Fondazione Carichieti – è accompagnata da un catalogo, edito da Allemandi, con testi di Achille Bonito Oliva, Sandro Parmiggiani (curatore della mostra e del catalogo) e brani tratti dal testo introduttivo al Catalogue raisonné de l’oeuvre graphique di Bruno Sabatier, pubblicato nel 2012.