«L’intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione.
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai
da uno dei milioni d’anime della nostra nazione,
un giudizio netto, interamente indignato:
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,
di questo popolo ormai dissociato
da secoli, la cui soave saggezza
gli serve a vivere, non l’ha mai liberato.
Mostrare la mia faccia, la mia magrezza –
alzare la mia sola puerile voce –
non ha più senso: la viltà avvezza
a vedere morire nel modo più atroce
gli altri, nella più strana indifferenza.
Io muoio, ed anche questo mi nuoce».
«Pietà, pietà!
Voi mi volete
morta e sepolta:
senza voce,
senza gesti,
senza viso,
senza vita¦
che non torni
-voi dite- mai più
la pazzia che essa fu,
qui tra noi!
Pietà, pietà!
Gente felice,
voi mi sperate:
impiccata,
annegata,
incendiata,
maciullata¦
Che sta a fare
-voi dite- se fa
solo rabbia, e lo sa,
qui tra noi?
Pietà, pietà!
Gente per bene,
voi mi temete:
nel mio amore,
nel mio vizio,
nel mio ardore,
nel mio odio¦
Perché vive
-voi dite- quaggiù,
peccatrice e tabù,
qui tra noi?
Pietà, pietà!
Gente normale,
mi condannate:
a tremare,
ad odiare,
a celarmi,
a sparire¦
Chi è diverso
-voi dite- non può
rimaner neanche un po’
qui tra noi!
Pietà, pietà!
Gente al potere,
voi minacciate:
con l’arresto,
con la cella,
con la gogna,
con il rogo!
La passione
– voi dite – non dà
che fastidi e ansietà
qui tra noi!
Pietà, pietà!
Pareva eterno
il mio destino:
di parlare,
di cantare,
di godere,
di peccare!
Ma sì, ma sì!
Per me è finita,
state tranquilli!
Entro nell’ombra,
vi lascio il mondo».
«Lo scandalo del contraddirmi,
dell’essere con te e contro te; con te nel core,
in luce, contro te nelle buie viscere;
del mio paterno stato traditore
– nel pensiero, in un’ombra di azione –
mi so ad esso attaccato nel calore
degli istinti, dell’estetica passione;
attratto da una vita proletaria
a te anteriore, è per me religione
la sua allegria, non la millenaria
sua lotta: la sua natura, non la sua
coscienza: è la forza originaria
dell’uomo, che nell’atto s’è perduta,
a darle l’ebbrezza della nostalgia,
una luce poetica: ed altro più
io non so dirne, che non sia
giusto ma non sincero, astratto
amore, non accorante simpatia…
Come i poveri povero, mi attacco
come loro a umilianti speranze,
come loro per vivere mi batto
ogni giorno. Ma nella desolante
mia condizione di diseredato,
io possiedo: ed è il più esaltante
dei possessi borghesi, lo stato
più assoluto. Ma come io possiedo la
storia, essa mi possiede; ne sono illuminato:
ma a che serve la luce?».