CON POLANSKI SI INAUGURA OGGI IL FLAIANO

Parte  oggi, al cinema Massimo di Pescara, la 39esima edizione del Flaiano Film Festival: circa 100 film, articolati in dieci sezioni tra prime visioni, omaggi, concorso, documentari. Nove giorni di cinema d’autore, tra prime e seconde visioni.

Due le proiezioni in programma nella serata inaugurale di oggi (mentre da domani l’offerta lieviterà).

Alle 20, 45, il grande Roberto Herlitzka sarà presente alla proiezione del film di cui è protagonista, “Sette opere di misericordia” di G e M. De Serio, il primo film in concorso. Torino. Luminita è una giovane clandestina romena che sopravvive grazie al borseggio di cui deve poi dare i frutti ai suoi ‘padroni’. Luminita ha però un piano per sfuggire al loro controllo e ottenere dei documenti falsi. Inizia a metterlo in atto scegliendosi una vittima a caso. La vittima è Antonio, un uomo anziano e malato che vive in una situazione di semidegrado ed è costretto periodicamente a farsi ricoverare in ospedale. È lì che la ragazza lo incontra e inizia a seguirne le mosse. Se vivessimo nell’area francofona in cui la passione cinefila è ancora intensamente vissuta si potrebbe paragonare l’esordio nel lungometraggio di finzione dei fratelli De Serio a quello dei Dardenne con La promessa. È un cinema fatto di gesti, di sguardi, di silenzi più che di parole questo Sette opere di misericordia, ma proprio grazie al suo rigore stilistico riesce ad arrivare nel profondo e a farsi film difficile da dimenticare.

Seguirà in anteprima “Roman Polanski: A film memoir” di Laurent Bouzereau: l’immenso Roman Polanski si trova agli arresti domiciliari dopo l’arresto avvenuto nel momento in cui stava per ricevere un premio alla carriera al festival di Zurigo. Accetta così di farsi intervistare dall’amico di lunga data Andrew Braunsberg (anche suo produttore per alcuni film). Si comincia parlando della reazione all’improvvisa incarcerazione per poi dare ampio spazio alla rievocazione dell’infanzia del regista. È qui che un Polanski spesso considerato come freddo e scostante rivela, per la prima volta in modo così approfondito, come il suo fare cinema e le tematiche che affronta (al di là di quelle evidenti de Il pianista) traggano origine dalla vita di quel bambino ebreo i cui genitori, sbagliando, rientrarono in Polonia da Parigi poco prima che il conflitto iniziasse. Le parole si spezzano in gola quando Roman racconta della deportazione della madre ad Auschwitz o della ricomparsa del padre dopo una lunga assenza (prima di essere a sua volta deportato a Mauthausen). È un’infanzia che ha fatto la sua ricomparsa in numerosi dettagli del film che ha visto Adrien Brody protagonista ma che, raccontata oggi, apre nuove prospettive di lettura nei confronti di un cinema in cui la sofferenza dell’individuo e il suo confronto con il mistero del male (anche quando viene presentato ironicamente come in Per favore non mordermi sul collo) restano presenti.
Polanski ha conosciuto non solo la violenza nazista ma anche quella della banda Manson che massacrò Sharon Tate incinta (da qui il suo particolare e ribadito amore per i figli avuti da Emmanuel Seigner). Quando quindi racconta in Carnage come sotto la maschera delle convenzioni sociali sia a volte pronta a riesplodere la ferocia primitiva dell’essere umano conosce bene la materia. Ci troviamo così di fronte a un documentario anomalo e per questo particolarmente efficace. Una volta tanto la messa a nudo del privato di un artista non è finalizzata al gossip, ma a far comprendere meglio il fil rouge che percorre il suo fare cinema e diventa utile allo spettatore che voglia approfondire (e magari rivisitare) una filmografia

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