IL PAPERONE DELL’ARTE SI CHIAMA GERHARD RICHTER

Gerhard Richter è un pittore e artista visuale di Dresda, tedesco quindi, e ha da poco varcato il traguardo degli 80 anni. Una mostra a lui interamente consacrata, dal titolo “Gerhard Richter: Panorama”, sta spopolando in Europa, dalla mitica Tate Modern di Londra alla Neue Nationalgalerie di Berlino, dove resterà fino a metà maggio, momento della sua “traslazione” al Centre Pompidou di Parigi. Ebbene, le sue opere sono state quelle più vendute lo scorso anno nel mondo dell’arte contemporanea. Nel 2011, secondo la società specializzata Artnet, tra un’asta e l’altra nel mondo, Gerhard Richter, sconosciuto ai più, ha ricavato dalla sua arte 200 milioni di dollari, cioè 152 milioni di euro. La Sotheby’s di Londra l’ha “piazzato”, nel novembre scorso, a quasi 21 milioni di euro un dipinto di Richter del 1997, “Asbtract Painting“. Alla faccia della crisi. Che l’egemonia plutocratica nell’arte contemporanea di Jeff Koons, già marito di Ilona Staller, sia veramente agli sgoccioli?

Gerhard Richter ha realizzato circa tremila dipinti. Un iperattivo della creatività che piace. Considerate che Salvador Dalì in tutta la sua vita di quadri ne dipinse poco meno di 1200. Sostanzialmente il 40 per cento delle sue opere è di proprietà dei musei, e ogni anno ne vengono battute all’asta circa duecento.

Richter nacque nella fu Germania dell’Est,  dove intraprese la sua carriera artistica uniformandosi ai canoni stringenti e coattivi del realismo socialista; ma nel 1961 fuggì, insieme alla sua prima moglie, nella Repubblica Federale Tedesca. Già nel 1972 fu chiamato a rappresentare la Germania alla Biennale di Venezia. Sulla copertina del loro cult-album del 1987, Daydream Nation, i Sonic Youth misero proprio un quadro di Richter, Kerzle (“candela”).  Nel 1995 lo spartiacque della sua carriera, in direzione gloria, quando il Museum of Modern Art di New York comprò per 3 milioni di dollari una sua serie di 15 quadri.

Tra le opere di Richter più apprezzate e più ricercate dai collezionisti ci sono i grandi quadri astratti dipinti alla fine degli anni Ottanta. Facilmente riconoscibili, e quindi, più che plausibili status symbol.

Musei, case d’asta, galleristi e critici e investitori d’arte hanno così creato e trovato il loro nuovo Re Mida del pennello.

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