RICORDANDO FELLINI, A 20 ANNI ESATTI DALLA SUA MORTE

Al Mediamuseum di Pescara oggi pomeriggio, giovedì 31,

sarà ricordato Federico Fellini nel ventennale della morte.

Per l’occasione sarà proposta una video-intervista al grande regista realizzata da Beniamino Placido ed estratta dal documentario “La Roma di Flaiano”,

nonché il suo film “Le notti di Cabiria”, frutto della collaborazione col grande sceneggiatore e scrittore pescarese.

«Cabiria è una prostituta che esercita la professione nell’area della passeggiata archeologica. Derubata e gettata in un fiume dal fidanzato Giorgio viene salvata da alcuni ragazzi. Momentaneamente disillusa nei confronti dell’amore affronta le colleghe con un misto di arroganza e ingenuità. Una sera, lasciata la zona abituale, si avventura in via Veneto e viene agganciata da un divo del cinema in crisi di coppia. Costretta a lasciare la sua lussuosa abitazione di nascosto, tornerà alla solita vita sperando in un miracolo che sembra improbabile. Immediatamente successivo a ‘Il bidone e in attesa de ‘La dolce vita’ rappresenta un punto di svolta nella filmografia felliniana. Ha al suo centro un unico personaggio interpretato da una Masina magistrale (premio per la migliore attrice a Cannes). Tutti gli altri, Amedeo Nazzari compreso, sono messi al suo servizio quasi che Fellini fosse totalmente consapevole di avere sintetizzato in Cabiria gli aspetti principali di molti dei temi a lui cari all’epoca. Come la Wanda Giardino de ‘Lo sceicco bianco’ crede nell’amore nonostante le lezioni che la vita le impartisce. Come Sandra in ‘I vitelloni’ ha la forza di sopportare i difetti maschili e come la Gelsomina de ‘La strada’ trova un senso nel sentirsi utile. Si veda in proposito l’ammirazione con cui segue l’uomo che di notte va ad aiutare i senza tetto. A differenza però di una certa astrazione propria di Gelsomina, Cabiria è una donna reale che affonda le radici in un’indagine compiuta da Fellini nel mondo delle prostitute e, molto probabilmente, nella collaborazione alla stesura dei dialoghi di Pier Paolo Pasolini. Si è parlato di Chaplin (e a proposito) in relazione alla sequenza finale del film, ma andrebbe sottolineata ancora di più la capacità del regista e di Aldo Tonti alla fotografia, di rendere sempre presente ciò che sta sullo sfondo. È una Roma in cui i casermoni popolari si ergono in mezzo a un nulla che è al contempo metafora di un vuoto esistenziale che solo chi sa resistere alle offese della vita, come Cabiria, può riuscire a superare. Conservando un animo puro al di là delle apparenze».

Nelle giornate del Festival Scrittura e Immagine in programma al Supercinema di Chieti dal 4 all’8 novembre, sarà invece proiettato “Che strano chiamarsi  Federico. Scola racconta Fellini” recentissimo film che Scola ha dedicato al regista romagnolo: si compone di un linguaggio che intreccia scene scritte e ricostruite a Cinecittà con materiali di repertorio, scelti dagli archivi delle Teche. Il film viene raccontato infatti in terza persona, il narratore è il bravo Vittorio Viviani e “si apre” con l’arrivo a Roma di Federico Fellini appena diciannovenne, interpretato da Tommaso Lazotti, dove ha inizio la sua collaborazione con il giornale satirico “Marc’Aurelio”, è il 1939. Lungo gli anni quaranta Fellini nel frattempo inizia a collaborare come sceneggiatore per diversi registi, e di lì a poco farà l’incontro con alcuni dei futuri compagni di viaggio, come Alberto Sordi e Marcello Mastroianni. Parallelamente anche il giovane Ettore Scola, di undici anni più giovane, siamo nel 1948, entra a far parte del “Marc’Aurelio”. Ben presto farà la conoscenza di Fellini e tra i due nascerà una profonda amicizia. In occasione del ventennale della morte di Fellini, Ettore Scola ci racconta il suo incontro con il creatore della Dolce vita in una sorta di album di immagini e di memorie. Un ritratto che nelle intenzioni del suo autore vuole essere gioioso come lo era il regista riminese. Sul filo dei ricordi, Che strano chiamarsi Federico – Scola racconta Fellini regala un’originalissima e personale lettura di Fellini. Un film che rifugge i toni nostalgici, per privilegiare il tono ironico e lieve di un “grande Pinocchio” che non è mai divenuto un “bambino perbene”.

Chiude il film, una sapiente carrellata di sequenze tratte dalle opere che hanno reso celebre nel mondo il grande Federico.

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