BARBARESCHI E IL SUO DISCORSO DEL RE, A PESCARA

Torna a Pescara, stasera alle 21 al Circus (con repliche domani alle 17 e alle 21) un grande interprete del teatro italiano, LUCA BARBARESCHI, con uno dei lavori più attesi della Stagione: «IL DISCORSO DEL RE» – che ha da poco debuttato con successo al Teatro Quirino di Roma. La messa in scena, per la regia dello stesso Barbareschi, segue di poco il bellissimo film di Tom Hooper, pluripremiato alla notte degli Oscar 2011.

Una commedia umana, sempre in perfetto equilibrio tra toni drammatici e leggerezza, ricca di ironia ma soffusa di malinconia, a tratti molto commovente, ma capace anche di far ridere. Sul palcoscenico Barbareschi sarà il logoterapista Lionel Logue e, al suo fianco un bravissimo Filippo Dini vestirà i panni di Bertie – Duca di York. Insieme a loro Astrid Meloni (Elizabeth – Duchessa di York), Chiara Claudi, Roberto Mantovani, Ruggero Cara, Mauro Santopietro e Giancarlo Previati.
Le scene, dal taglio cinematografico, sono curate da Massimiliano Nocente, le musiche sono di Marco Zurzolo. Regia di Luca Barbareschi.

La commedia è ambientata in una Londra surreale, a cavallo tra gli anni ’20 e ’30, ed è centrata sulle vicende di Albert, secondogenito balbuziente del Re Giorgio V. Dopo la morte del padre, il timido e complessato duca di York non sarebbe dovuto salire al trono d’Inghilterra. Il primogenito era infatti Edoardo, che divenne sì re ma che, per amore di Wallis Simpson, abdicò neppure un anno dopo. A Bertie, o meglio ad Albert Frederick Arthur George Windsor, toccò il peso della corona diventando sovrano con il nome di Giorgio VI. Un uomo atipico che fu re molto amato dal popolo, legato da vero amore alla moglie: la volitiva Elisabetta Bowes-Lyon, e che si portava appresso un fardello di costrizioni infantili e un bisogno di affetto difficili da trovare nell’anaffettiva coppia di genitori regali. Un’insicurezza che si esprimeva attraverso una balbuzie invalidante e impossibile da gestire nei numerosi e imbarazzanti discorsi pubblici cui era tenuto. In più, Giorgio VI si trovava a essere la voce del e per il popolo britannico in un momento difficile della storia, alla vigilia del secondo conflitto mondiale. Ma che voce poteva essere o quale guida per il popolo? Così venne portato dalla moglie in visita dal logopedista australiano Lionel Logue, dai metodi anticonformisti, capace di sondare le anime e di medicarle, attore mancato per eccessiva enfasi, insegnò al Duca di York come superare l’incubo di parlare in pubblico. Logue pretese subito il “tu” dal reale e sottopose il futuro re ad una cura che attingendo al laboratorio teatrale quanto alla seduta psicanalitica gli permise di salire sul trono.  Il discorso del Re parte dai fatti storici per addentrarsi in un dramma personale, senza abbandonare mai la Storia, che non è sottofondo ma presenza imprescindibile di ogni istante della commedia al fianco dei protagonisti.

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